Obbligo Green Pass – Le domande

[vc_row css_animation=”” row_type=”row” use_row_as_full_screen_section=”no” type=”full_width” angled_section=”no” text_align=”left” background_image_as_pattern=”without_pattern”][vc_column][vc_column_text]Come noto, il Governo ha reso obbligatorio il possesso – da parte dei lavoratori di ogni tipo e qualifica (fatta salva la specifica disciplina per il personale sanitario, le scuole ecc.) – della certificazione verde per l’accesso ai luoghi di lavoro “privati” in cui essi svolgono l’attività a far data dal 15/10/2021.

Di seguito, con una serie di domande, cercheremo di fornire una risposta operativa almeno ai dubbi più ricorrenti.
[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]LE DOMANDE SULLA NORMATIVA[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]1. Da quando operano le nuove regole?

Le nuove disposizioni sono entrate in vigore già da mercoledì 22 settembre 2021, anche se il termine ultimo entro cui il datore deve organizzarsi è fissato per venerdì 15 ottobre 2021.

2. Per quanto tempo valgono i nuovi obblighi?

L’accesso dei lavoratori nei luoghi di lavoro richiede il possesso del Green Pass a partire dal 15 ottobre e sino alla data prevista come cessazione dello stato di emergenza, ossia – salvo ulteriori proroghe – il 31 dicembre di quest’anno.

3. Cambia qualcosa per i “settori” per i quali la certificazione verde era già prevista?

No. In pratica nulla cambia per le situazioni e le categorie sottoelencate: in ambito scolastico e universitario; in ambito scolastico, educativo e formativo; nelle strutture della formazione superiore; O per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario; per i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie.

4. In quali casi non vige l’obbligo del Green Pass?

Le nuove disposizioni – che prevedono l’obbligo di possedere ed esibire il Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro nel settore privato – non si applicano ai soggetti che vengono ritenuti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con la circolare del Ministero della Salute 4 agosto 2021, n. 35309. Non è chiaro però come gestire questi soggetti nel caso in cui facciano ingresso in azienda. Quanto ai lavoratori fragili si applicherà la relativa disciplina (smart working, ove possibile).

5. Fino a quando è valida la certificazione cartacea di esenzione dalla vaccinazione?

Il termine di scadenza di tali certificazioni, originariamente fissato al 30 settembre 2021, è stato poi prorogato – da parte del Ministero della Salute, con la recente circolare 25 settembre 2021, n. 43366 – fino al 30 novembre 2021.

6. Cosa deve contenere la certificazione di esenzione dalla vaccinazione?

Le certificazioni devono contenere quanto segue: i dati identificativi del soggetto interessato (nome, cognome, data di nascita); la dicitura: “soggetto esente alla vaccinazione anti SARS-CoV-2.

[/vc_column_text][vc_column_text]Certificazione valida per consentire l’accesso ai servizi e attività di cui al comma 1, art. 3 del decreto legge 23 luglio 2021, n 105”; la data di fine di validità della certificazione, utilizzando la seguente dicitura “certificazione valida fino al …”; i dati relativi al Servizio vaccinale delle Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale in cui opera come vaccinatore COVID-19 (denominazione Servizio – Regione); il timbro e la firma del medico certificatore (anche digitale); il numero di iscrizione all’ordine o codice fiscale del medico certificatore. Salvo nuove proroghe, dal 1° dicembre 2021, il certificato di esenzione diverrà telematico e sarà anch’esso munito di “QR code” per la sua verifica, così come la certificazione verde.
[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]LE DOMANDE: I SOGGETTI INTERESSATI[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]7.In generale, a quali soggetti si applicano le nuove disposizioni?

Le norme contenute nell’articolo 9-septies del decreto legge 22 aprile 2021, n. 52, riguardano chiunque svolga un’attività lavorativa nel settore privato, inclusi tutti coloro che, a qualsiasi titolo, svolgono la propria attività lavorativa, di formazione o di volontariato nei luoghi di lavoro, anche sulla base di contratti esterni. La norma interessa quindi i lavoratori ma anche i loro “datori”, in quanto questi ultimi sono chiamati a organizzarsi per tempo e ad effettuare gli specifici controlli previsti.

8. In particolare, a quali soggetti si applicano le nuove disposizioni?

Vista la formulazione ampia della norma, essa riguarda:  tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, a prescindere dalla categoria e qualifica;  tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione (quindi, per esempio, gli stagisti) o di volontariato nei luoghi di lavoro nel settore privato, anche sulla base di contratti esterni; devono quindi ritenersi inclusi: agenti, lavoratori autonomi, liberi professionisti e collaboratori non dipendenti (quindi, per esempio: collaboratori coordinati e continuativi), con la precisazione che, nei casi da ultimo elencati, mancando un vero e proprio “datore di lavoro” il controllo è affidato al datore “ospitante” presso cui l’attività è svolta. Come evidenziato da Confindustria (cfr. Nota 27 settembre 2021), rientra nell’ambito di applicazione della norma anche il datore di lavoro estero che effettua una prestazione di servizi transfrontaliera con il proprio personale in Italia (inclusi i casi di distacco transfrontaliero).

9. L’obbligo riguarda anche i lavoratori somministrati?

Si, certamente, poiché anch’essi comunque accedono a un luogo di lavoro del settore privato.

10. Chi controlla il Green Pass del somministrato prima che la missione inizi?

Secondo le indicazioni fornite dall’Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro (Assosom) il 21 settembre 2021, per i lavoratori convocati per la prima volta per il colloquio propedeutico all’invio in missione, il controllo della certificazione verde è affidato all’Agenzia di somministrazione, in quanto i soggetti privi di Green Pass sarebbero non idonei a svolgere le proprie mansioni. Ne consegue che, in tal caso, l’Agenzia deve accertare che il lavoratore disponga del Green Pass nel momento in cui firma il contratto.

11. Quando il contratto è in corso, chi controlla il Green Pass del somministrato?

A tale proposito si registra una differenza di posizioni tra Confindustria e Assosom. Secondo Confindustria, l’Agenzia per il Lavoro, per poter adempiere al proprio obbligo contrattuale verso l’utilizzatore, deve accertare che il lavoratore possieda sempre i requisiti per eseguire la prestazione (se così non fosse, l’Agenzia potrebbe essere chiamata a rispondere per inadempienza); invece l’utilizzatore deve verificare il possesso e la validità del Green Pass esibito dal lavoratore somministrato (Confindustria, Nota 27 settembre 2021).

Per contro, secondo Assosom (Nota 21 settembre 2021), vale il principio ex art. 35, co. 4, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, il quale prevede che il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive e li forma e addestra all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell’attività per la quale essi vengono assunti, in conformità al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore. L’utilizzatore osserva nei confronti dei lavoratori somministrati gli obblighi di prevenzione e protezione cui è tenuto, per legge e contratto collettivo, nei confronti dei propri dipendenti. Quindi, in pratica, è l’utilizzatore a dover attuare, anche verso i somministrati, tutte le misure di sicurezza applicate ai dipendenti diretti, tra cui: la fornitura di dispositivi di protezione; l’esercizio della sorveglianza sanitaria, ove necessaria; nonché il controllo del Green Pass (peraltro, essendo tale certificato un requisito per l’accesso ai luoghi di lavoro, non può che essere l’utilizzatore o un suo delegato a fare i controlli quali responsabili dei locali). A rigore, appare però corretta l’interpretazione secondo la quale il controllo deve essere effettuato dall’Agenzia di somministrazione perché la norma fa riferimento ai datori di lavoro

12. Cosa accade se un somministrato si presenta dall’utilizzatore senza Green Pass?

Si applicano le regole ordinarie, e quindi, se il lavoratore inviato in missione si presenta presso l’utilizzatore sprovvisto di Green Pass, non può accedere al luogo di lavoro e incorre in tutte le conseguenze previste dalla legge.

13. Quali regole per il Libero Professionista?

In base alle indicazioni desumibili dalle FAQ pubblicate on line dal Governo, anche il libero professionista, quando accede nei luoghi di lavoro pubblici o privati per svolgere la propria attività lavorativa, viene controllato dai soggetti previsti dal decreto legge n. 127/2021.

14. Il titolare dell’azienda deve esibire il Green Pass?

In base alle indicazioni desumibili dalle FAQ pubblicate on line dal Governo, la risposta è positiva. In pratica, se il titolare dell’azienda opera al suo interno, deve essere controllato dal soggetto da lui stesso incaricato di eseguire i controlli in azienda. Quindi, il lavoratore incaricato della verifica della certificazione verde – ove nominato dal titolare – può, e anzi deve, verificare il Green Pass del datore di lavoro stesso.

15. Anche la Colf deve avere il Green Pass? E chi lo controlla?

Le nuove regole, a partire dal 15 ottobre, si applicheranno anche a colf e badanti, con conseguente divieto di ingresso sul posto di lavoro, e quindi all’interno dell’abitazione familiare. In tal caso, il controllo della certificazione verde spetta a un membro della famiglia.

16. Chi lavora sempre in smart working deve avere il green pass?

In base alle indicazioni desumibili dalle FAQ pubblicate on line dal Governo, la risposta è negativa, perché il green pass serve per accedere ai luoghi di lavoro. In ogni caso lo smart working non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di green pass.

[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]LE DOMANDE: OBBLIGHI DEL DATORE[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]17. In generale, quali sono i nuovi obblighi dei datori di lavoro privati?

La norma ne individua ben tre, così indicati: obbligo di definire le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche; obbligo di effettuare i controlli; obbligo di individuare i soggetti incaricati di verificare che, all’atto dell’ingresso in azienda, il lavoratore disponga di un Green Pass valido.

18. Quali sono i luoghi di lavoro del settore privato?

In attesa di indicazioni ufficiali, oltre a tutti i “normali” luoghi di lavoro – negozi, uffici, officine, sale riunioni, eccetera – è opportuno e più prudente ritenere che il controllo debba riguardare anche l’accesso ai “luoghi di lavoro in senso lato”, incluse quindi le pertinenze aziendali quali i cortili, i cantieri edili, il luogo in cui va svolta la trasferta (in questo caso, il controllo è affidato al soggetto presso il quale si svolgerà la prestazione), eccetera.

19. Entro quale termine il datore deve “organizzarsi”?

Premesso che i controlli scatteranno a partire da venerdì 15 ottobre 2021, tale data è anche il termine entro il quale il datore di lavoro deve appunto “organizzarsi” per garantire la regolarità e l’effettività dei controlli nei confronti dei soggetti che, per motivi di lavoro, intendono accedere all’interno dei locali di cui è proprietario o affittuario.

20. Quali soggetti possono essere incaricati di verificare i Green Pass?

La norma non individua alcuna particolare figura, limitandosi a prevedere che il datore deve individuare con atto formale – e quindi scritto e datato – i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni rispetto all’obbligo non solo di possedere ma anche di esibire il Green Pass. Poiché l’incaricato potrebbe non essere presente (per esempio perché è in ferie), è opportuno che tale delega ai controlli individui più “accertatori”. Essi potranno quindi essere: il custode dello stabile aziendale, i capi reparto, il datore stesso, e così via.

21. Con quali modalità va verificato il Green Pass vero e proprio?

Le verifiche relative alle certificazioni verdi COVID-19 devono essere effettuate mediante le modalità indicate dal DPCM 17 giugno 2021, il quale – al di fuori dei casi in cui il lavoratore è esonerato dall’obbligo vaccinale – dispone che la verifica del Green Pass può essere effettuata scansionando il cd. “QR code” ivi apposto, solo tramite la App “VerificaC19”.

22. Fino a dove può spingersi la verifica del Green Pass?

Le attività di verifica devono limitarsi a controllare l’autenticità, validità e integrità della certificazione verde, esclusa in ogni caso la raccolta dei dati dell’intestatario. Quindi, non è permesso accedere alle informazioni circa i presupposti – vaccino, guarigione dal COVID-19 o tampone – che hanno dato luogo al rilascio della certificazione, né alla loro scadenza.

23. Il “controllore” può chiedere al lavoratore un documento di identità?

Certamente, ciò in particolare nelle imprese di maggiori dimensioni. La richiesta di esibire un documento di identità valido non ha altro scopo che quello di garantire il riconoscimento del lavoratore. D’altro canto, tale facoltà è espressamente prevista dall’articolo 13, comma 4, del DPCM 17 giugno 2021, il quale dispone che l’intestatario della certificazione verde COVID-19, all’atto della verifica, deve dimostrare, a richiesta degli incaricati di tale compito, la propria identità personale esibendo un documento di identità.

24. In generale, quando va verificato il Green Pass?

La norma si limita a precisare che le verifiche possono essere effettuate, anche a campione, prevedendo però prioritariamente, ove possibile, che esse siano effettuate al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro.

25. Il datore deve controllare il Green Pass di tutti i dipendenti?

No, la norma non richiede controlli “a tappeto”. Va però rilevato che, date le finalità della disposizione, tanto più le verifiche sono estese – fino a includere la totalità di coloro che fanno ingresso in azienda – maggiore è la garanzia di centrare l’obiettivo, che altro non è se non quello di contenere i contagi e garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro.

26. Qual è il momento “migliore” per le verifiche?

Certamente quello in cui il lavoratore sta per entrare in azienda. D’altro canto, è la norma stessa a stabilire che va previsto “prioritariamente”, seppure “ove possibile”, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro.

27. Il datore può fare i controlli mentre il lavoratore sta svolgendo la propria attività?

Certamente, anche se non è la soluzione migliore. D’altro canto, la norma, quando dispone che “ove possibile”, i controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, non vieta espressamente tale ipotesi. Quindi i controlli potranno essere effettuati anche in un momento successivo (es.: prima della pausa mensa o addirittura all’uscita dallo stabilimento), come pure durante l’esecuzione dell’attività lavorativa, anche se pare assolutamente da preferirsi – per ovvie esigenze di contenimento della diffusione del virus – che le verifiche siano precedenti all’effettivo ingresso nei luoghi di lavoro.

28. Cosa accade in caso di controllo a campione dopo l’accesso e di Green Pass scaduto?

Poiché si prevede l’obbligo del Green Pass “ai fini dell’accesso” ai luoghi di lavoro, il momento dell’entrata è quello in cui la verifica della validità della certificazione va eseguita. D’altro canto, in assenza di indicazioni ufficiali, si potrebbe ipotizzare che la successiva scadenza del documento non sia rilevante. Va poi evidenziato che, in caso di controllo con esito negativo (a campione) della certificazione verde durante il turno di lavoro e non in entrata, il datore deve allontanare il lavoratore, applicando anche la sanzione disciplinare, senza tuttavia sapere con certezza se il Green Pass era valido al momento dell’accesso in azienda. Quindi, in definitiva, nonostante la norma non ne preveda l’obbligo, è assolutamente consigliabile procedere al controllo (quotidiano) del Green Pass in fase di accesso ai locali aziendali.

29. Quali potrebbero essere i problemi legati ai controlli “a campione”?
La prima, e più evidente, considerazione è legata al fatto che tale soluzione non consente di raggiungere il miglior risultato possibile. Inoltre, un controllo “a campione” potrebbe comunque far sorgere contestazioni circa i destinatari delle verifiche quanto ai possibili profili di discriminazione.

30. Le aziende che fanno i controlli a campione sono sanzionabili?
No, in base alle risposte alle FAQ presenti sul sito del Governo, le aziende che effettueranno controlli a campione sul personale non potranno incorrere in sanzioni nel caso in cui un controllo delle autorità dovesse riscontrare la presenza di lavoratori privi di Green Pass, ciò però a condizione che i controlli siano stati effettuati rispettando modelli organizzativi adeguati, così è come previsto dal decreto legge n. 127/2021.

31. Quali sono le sanzioni previste per il datore di lavoro?
In caso di violazione di quanto segue: mancata adozione, entro il 15 ottobre 2021, delle misure organizzative per le verifiche relative al possesso e all’esibizione del Green Pass (anche a campione); mancata nomina, con atto formale, dei soggetti incaricati dell’accertamento; mancata effettuazione dei controlli circa il possesso della certificazione verde; il datore è soggetto a pagare una sanzione amministrativa che va da 400 a 1.000 euro, il cui importo viene raddoppiato in caso di reiterata violazione delle disposizioni vigenti.

32. Visto l’obbligo del green pass, nelle aziende si potrà derogare alla regola del metro di distanziamento?
No, in base alle risposte alle FAQ presenti sul sito del Governo, il green pass non fa venir meno le regole di sicurezza previste da linee guida e protocolli vigenti.
33. I privati potranno avere piattaforme per i controlli analoghe a quelle della scuola e del pubblico impiego?
In base alle indicazioni desumibili dalle FAQ presenti sul sito del Governo, al momento non sono previste piattaforme analoghe; se ne potrà verificare in seguito la realizzabilità da un punto di vista tecnico ed eventualmente modificare il DPCM che disciplina le modalità di verifica.[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]LE DOMANDE: LAVORATORI PRIVI DI GREEN PASS[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]

34. Quali sono le situazioni previste dalla norma?

La norma prevede due situazioni ben distinte, e dalle conseguenze assai diversificate. La prima, più

“semplice e leggera” riguarda il lavoratore del settore privato il quale comunichi di non possedere la certificazione verde COVID-19 oppure che ne risulti sprovvisto nel momento in cui sta per accedere al luogo di lavoro; la seconda – assai diversa e più grave – riguarda invece il lavoratore che, pur privo del Green Pass, accede comunque all’interno del luogo di lavoro.

35. Cosa accade se il lavoratore non ha il Green Pass?

Per rispondere occorre rifarsi all’articolo 9-septies, co. 6, del decreto legge 22 aprile 2021, n. 52, il quale dispone che i lavoratori del settore privato, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora ne risultino privi al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione di tale certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021 (termine di cessazione dello stato di emergenza, salvo ulteriori proroghe), senza conseguenze disciplinari e con diritto a conservare il rapporto di lavoro. Va evidenziato che, per tutti i giorni di assenza ingiustificata, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato. La qualificazione dei periodi di assenza come ingiustificati comporta anche che non sarà versata contribuzione obbligatoria a favore dei lavoratori privi di Green Pass (con un conseguente danno per la loro situazione pensionistica).

36. Il lavoratore assente ingiustificato deve presentarsi ogni giorno in azienda?

La questione è abbastanza delicata, visto che è in gioco, oltre alla retribuzione (dovuta o meno), la conservazione del rapporto di lavoro. In attesa di indicazioni ufficiali, pare preferibile, se non altro per ragioni di prudenza, ritenere che il dipendente debba presentarsi in azienda, ri-affermando di non possedere la certificazione verde o, quantomeno, che debba chiamare il proprio diretto superiore (o altro soggetto incaricato dal datore) oppure inviargli una e-mail. A favore dell’obbligo del dipendente di presentarsi in azienda ogni giorno, anche se privo di Green Pass, si è espressa Confindustria nella Nota 27 settembre 2021.

37. Cosa accade se il lavoratore accede senza Green Pass?

A differenza del primo caso (lavoratore che comunichi di non possedere la certificazione verde COVID-19 o che ne sia privo al momento dell’accesso al luogo di lavoro), se il lavoratore accede nei luoghi di lavoro (cioè entra materialmente nel perimetro aziendale di un datore del settore “privato”) senza il Green Pass, si verifica quanto segue: il datore di lavoro può decidere di applicargli una sanzione disciplinare, anche grave (quindi non è escluso il licenziamento);  su segnalazione inviata al Prefetto, gli sarà applicata una sanzione amministrativa che va da 600 a 1.500 euro, il cui importo è raddoppiato in caso di recidiva.

[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]LE DOMANDE: SOSTITUZIONE LAVORATORI PRIVI DI GREEN PASS[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_column_text]

38. È possibile sostituire i lavoratori che non possono accedere al luogo di lavoro?

Certamente, ma nel rispetto di alcune regole particolari che l’articolo 9-septies, co. 7, del decreto legge 22 aprile 2021, n. 52, prevede per i datori di lavoro di “minori dimensioni”: per essi, infatti, la norma prevede un regime particolare che integra quello generale per i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato di cui agli articoli da 19 a 29 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

39. Quali regole per le “sostituzioni” nelle imprese con meno di 15 dipendenti?

Per le imprese (ma il riferimento va inteso a “tutti i datori di lavoro”) con meno di 15 dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di un lavoratore che comunichi di non possedere la certificazione verde COVID-19 o che ne sia privo al momento dell’accesso al luogo di lavoro, il datore di lavoro può sospenderlo per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a 10 giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il termine del 31 dicembre 2021.

40. In pratica, come funziona la sostituzione nelle imprese con meno di 15 dipendenti?

In questa ipotesi, si verifica quanto segue: il lavoratore può essere sospeso se non ha il Green Pass e il datore può assumere (a termine) un sostituto; nei primi 5 giorni di assenza del lavoratore titolare il datore può stipulare un contratto a termine per la sua sostituzione ma, se il titolare ritorna con il Green Pass, il datore deve riammetterlo in servizio; dopo il 5° giorno di assenza, e quindi a partire dal 6° giorno, il datore può sospendere il lavoratore per una durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a 10 giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il termine del 31 dicembre 2021: in questo caso, quindi, il lavoratore titolare non ha diritto di riprendere servizio finché dura il contratto a termine con il sostituto, per la durata massima prevista direttamente dalla legge. Se l’assenza perdura, si ritiene che si applichino le regole ordinarie del decreto legislativo n. 81/2015 per la sostituzione di dipendenti assenti con diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro.

41. Come si conta l’organico nelle imprese con “meno di 15 dipendenti”?

Si applicano le regole ordinarie, e quindi: i lavoratori a tempo pieno e indeterminato contano come una unità;  i lavoratori assenti (es. per maternità) si contano se non sono stati sostituiti; se sono stati sostituiti si conta un solo dipendente; i lavoratori a tempo parziale si computano in proporzione al tempo svolto rapportato al tempo pieno (es. 2 part time al 50% dell’orario, si computano come 1 unità);  i lavoratori a tempo determinato si computano tenendo conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi 2 anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro;  il lavoratore intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre; gli apprendisti sono esclusi dal computo dell’organico; i lavoratori somministrati, essendo dipendenti dell’Agenzia per il Lavoro, non si computano nell’organico dell’utilizzatore.

42. Come funziona la sostituzione nelle imprese da 15 dipendenti in su?

In tal caso, la norma non prevede nulla. Quindi – da subito – si applicano le regole ordinarie del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, per la sostituzione di dipendenti assenti con diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro. Pare opportuno indicare la data di cessazione del rapporto – fermo il termine del 31 dicembre 2021 – con riguardo alla data in cui il lavoratore assente eventualmente produrrà la certificazione verde in corso di validità.

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